La diffusione della variante Omicron Covid-19, le interruzioni delle filiere globali, associate al boom dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici, stanno rallentando il ritmo della ripresa in corso. Il 17° report congiunturale, che Confartigianato ha presentato nei giorni scorsi, tratteggia i caratteri della turbolenta evoluzione dei prezzi delle commodities che sta coinvolgendo le imprese italiane.
L’analisi delle cause della bolla dei prezzi delle materie prime e gli effetti sulle imprese è proposta nell’articolo ‘Chi paga il rally dei costi delle commodities non energetiche?’ pubblicato su RiEnergia a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi e Licia Redolfi dell’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia.
Per 2 piccole imprese su 3 il car-commodities mette a rischio la ripresa – L’articolo propone alcune anticipazioni di una survey appena conclusa, condotta dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia, a cui hanno partecipato oltre 1.800 micro e piccole imprese (MPI) lombarde, da cui merge che le due criticità più aggressive a inizio 2022 e che stanno mettendo a rischio la ripresa sono l’incremento dei prezzi delle commodities non energetiche (indicato dal 64,7% degli imprenditori manifatturieri intervistati, 11,2 punti sopra alla media) e quello delle commodities energetiche (64,3% dei casi, 4,1 punti sopra alla media). Oltre un terzo delle MPI manifatturiere lamenta scarsità di materiali e tempi dilatati di consegna e difficoltà nel reperire personale. In questo inizio d’anno ricco di incognite, torna a crescere la quota di MPI che esprime incertezza rispetto all’andamento futuro del mercato (i dati di dettaglio nell’articolo), una tendenza della survey sulle imprese lombarde confermata dal calo della fiducia delle imprese manifatturiere del Nord-Ovest rilevato dall’Istat nella rilevazione pubblicata venerdì scorso.
Solo il 37% della spinta dei prezzi delle materie prime si trasla sui prezzi di vendita – L’articolo propone i risultati di una simulazione controfattuale in cui si evidenzia che nel 2021 le imprese manifatturiere hanno traslato sui prezzi di vendita circa un terzo (37,4%) dello shock dei prezzi delle commodities non energetiche, con una riduzione di margini che comprime la creazione di valore aggiunto, con conseguenze negative su investimenti, domanda di lavoro, innovazione e crescita del PIL.
L’articolo esamina i numerosi fattori che stanno sostenendo la fiammata dei prezzi delle commodities tra i quali la ripresa della produzione mondiale, le strettoie dell’offerta, le difficoltà nella logistica e nel trasporto merci via mare, l’aumento dei tempi di consegna – che diventa un ostacolo per le imprese esportatrici (vedi grafico qui sotto) -, la domanda di materie prime per produrre beni necessari durante l’emergenza sanitaria e per il packaging dei prodotti alimentari per asporto e dei prodotti venduti tramite e-commerce.
Si sovrappongono, inoltre, determinanti specifiche per alcune commodities, come l’aumento della domanda di ‘minerali critici’ utilizzati nei processi della transizione green, la carenza di semiconduttori, la forte domanda di materiali per l’edilizia.
Le previsioni delle autorità monetarie rimangono orientate ad una temporaneità delle spinte inflazionistiche. Una spinta persistente sui prezzi potrebbe accelerare il ritorno a politiche monetarie restrittive, con effetti recessivi sulla domanda delle famiglie e ricavi e gli investimenti delle imprese.