STUDI – Una difficile fase per le imprese, tra la pandemia e la guerra nel cuore d’Europa

Gli effetti dello scoppio della guerra in Ucraina stanno amplificando la crisi energetica iniziata nel 2021, generando impulsi recessivi di intensità crescente che influenzano negativamente la competitività delle imprese e compromettono i buoni risultati conseguiti nella ripresa post-pandemia. Il coinvolgimento del sistema delle imprese in una nuova fase di crisi avviene in una difficile transizione post-pandemia. Con questi spunti di analisi, Confartigianato ha supportato le indicazioni sull’orientamento della politica fiscale durante l’audizione sul Documento di Economia e Finanza svoltasi lunedì scorso davanti alle Commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato.

I conti nazionali pubblicati dall’Istat certificano il ruolo di driver della ripresa post-pandemia del settore delle costruzioni. Nel 2021 gli investimenti in costruzioni segnano un aumento record del 22,3%; dopo un calo del 6,7% nell’anno dello scoppio della pandemia, gli investimenti in abitazioni e opere edilizie si collocano sopra del 14,1% rispetto al 2019. Il valore aggiunto della manifattura, grazie al rimbalzo del +13,3% nel 2021, ha completamente recuperato i livelli di attività pre-pandemia, (+0,4% rispetto al 2019), a fronte degli ancora ampi ritardi sia per la Francia (-5,1%) che per la Germania (-5,8%).  Analogamente l’export manifatturiero del 2021, anche grazie alla minore esposizione della produzione nazionale alla crisi di offerta dei semiconduttori, si colloca al di sopra del 7,5% rispetto ai livelli pre-Covid-19, facendo meglio del +3,7% della Germania, in controtendenza rispetto al calo del 2,9% della Francia. Sul fronte dei servizi persiste un ritardo del 4,4% rispetto il livello di valore aggiunto del 2019. Alcuni settori ancora lontani dai livelli di attività pre-pandemia, come moda, trasporto persone, alberghi e ristorazione. La spesa delle famiglie per abbigliamento e calzature negli ultimi due anni ha cumulato una diminuzione di 23,5 miliardi di euro rispetto al 2019, mentre nel 2021 le presenze turistiche sono meno di un terzo di quelle del 2019, quelle straniere sono più che dimezzate. Persiste un ampio divario negativo del valore aggiunto rispetto ai livelli pre-pandemia per intrattenimento e altre attività dei servizi (-15,5%) e commercio, trasporto e alloggio (-7,9%).

Confartigianato ha richiamato la necessità di sciogliere i nodi delle scelte energetiche dell’Italia, che la guerra in Ucraina ha fatto divenire opzioni strategiche, prioritarie e assolutamente vitali per il Paese. L’economia italiana ha una dipendenza energetica del 73,4%, che sale al 92,8% per il gas e nel totale delle importazioni di petrolio e gas, la Russia è il primo fornitore. Il prezzo del gas importato, già a dicembre 2021, saliva del 255%. A marzo le quotazioni del gas europeo sono 7,5 volte quelle di un anno prima, mentre il prezzo del Brent valutato in euro raggiunge il massimo storico. Il deragliamento del prezzo internazionale del gas si ribalta sul costo dell’elettricità, portando a marzo 2022 anche il prezzo di riferimento per la borsa elettrica (PUN) al massimo storico. Il principale canale di trasmissione dello shock dei prezzi sul PIL è quello dell’aumento della bolletta energetica, in Italia salita a 49,2 miliardi di euro negli ultimi dodici mesi a gennaio 2022, 28 miliardi in più rispetto un anno prima, il più ampio peggioramento tra tutti i paesi dell’Unione. In dodici mesi il valore delle importazioni di energia annualizzato più che raddoppia (+121%), passando da 29,5 miliardi di euro di gennaio 2021 a 65,2 miliardi di euro di gennaio 2022.

Un conflitto prolungato produrrà segnali recessivi via via più intensi, aprendo uno scenario di stagflazione.

Con l’escalation dei costi delle imprese, si estendono i casi di lockdown energetico: a febbraio 2022 la domanda di gas delle imprese manifatturiere risulta del 9,3% inferiore a quella di un anno prima e nel mese di marzo cede il 10,3% rispetto a quella di dodici mesi prima.

Il divergente andamento dei prezzi dell’elettricità determina per le micro e piccole imprese italiane un extra costo per l’energia elettrica di 6,2 miliardi di euro rispetto alla media dei competitor tedeschi e francesi: allo shock da costi si sovrappone una perdita secca di competitività.

Già dopo il primo mese di guerra, si registrano ripercussioni diffuse sul sistema delle imprese. In prima linea sono coinvolti i settori con un più intenso uso dell’energia, quelli interessati dalle mancate importazioni di materie prime dal teatro di guerra, dal caro-gasolio e dalle sanzioni sui prodotti di lusso; si aggiungono i territori più esposti nell’export in Russia e nelle presenze di turisti russi. Nel complesso si tratta di quasi un milione di imprese (946 mila unità) con 5 milioni 353 mila addetti, il 30,7% dell’occupazione dell’intero sistema imprenditoriale italiano, più della metà di (57,3%) occupati in micro e piccole imprese.

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