Con lo scoppio della guerra in Ucraina è salita l’incertezza delle imprese, con ricadute sulla domanda di investimenti, di lavoro e sui consumi delle famiglie. A novembre 2022 le micro e piccole imprese manifatturiere registrano un indice di incertezza di 8,7 punti superiore al livello di febbraio di quest’anno, e ben 11,7 punti superiore alla media. L’analisi di uno dei fattori determinanti la propensione ad investire e della domanda di credito è contenuta nel report ‘Finanza d’impresa, tra crisi energetica e stretta monetaria’ che l’Ufficio Studi ha presentato stamane all’evento “Credito alle imprese, fiducia nel Paese” organizzato da Confartigianato, in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Qui per scaricarlo. L’evento sul canale YouTube di Confartigianato.
Il report esamina i fattori che influiscono sulla domanda di prestiti, tra la ripresa del 2022 e la crisi energetica che ha raggiunto il suo apice nella scorsa estate, con un pesante ribaltamento sui prezzi al consumo, che segnano tassi di crescita senza precedenti nella storia dell’euro. Ad ottobre 2022 l’inflazione dell’Eurozona supera la barriera psicologica della doppia cifra, pari al 10,6% (era 9,9% a settembre), con l’Italia che registra un tasso superiore di 2 punti percentuali e pari al 12,6% (era 9,4% a settembre) e la Germania a 11,6% (già a settembre arrivava al 10,9%) mentre il tasso si ferma al 7,1% in Francia (era 6,2% a settembre).
Con l’obiettivo di riportare la stabilità dei prezzi, la risposta di politica monetaria della Banca centrale europea è stata vigorosa, con un aumento dei tassi ufficiali di ben 200 punti nell’arco di soli 98 giorni, con ricadute sul costo del credito alle imprese. Per le micro e piccole imprese (MPI), nell’ipotesi controfattuale di un costo del credito che rifletta l’andamento dei tassi ufficiali, si determinerebbe un impatto di 2,6 miliardi di euro sugli oneri finanziari delle MPI.
La stretta monetaria è diffusa tra le maggiori economie, con 68 aumenti dei tassi di policy negli ultimi dodici mesi nelle economia del G20, a fronte di 11 riduzioni. Nell’Eurozona la Bce prevede di aumentare ulteriormente i tassi di interesse per assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine, un orientamento che sarà verificato con le prossime riunioni del Consiglio Bce per gli interventi di politica monetaria programmati per il prossimo 15 dicembre, il 2 febbraio 2023 e il 16 marzo 2023.
Per l’economia italiana si delinea una pericolosa sincronizzazione pro-ciclica tra una politica fiscale “prudente” e la vigorosa stretta monetaria in corso. Secondo il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, nell’intervento alla Giornata Mondiale del Risparmio dello scorso 31 ottobre, “non va comunque sottovalutato il pericolo che il deterioramento delle prospettive economiche si riveli peggiore del previsto, rendendo sproporzionato un passo eccessivamente rapido nella normalizzazione dei tassi ufficiali. Si tratta di un rischio di cui il Consiglio dovrà tenere conto nei prossimi mesi, al pari di quello di lasciare che l’inflazione resti eccessivamente alta per troppo tempo.”
L’aumento dei tassi di interesse amplifica gli effetti negativi sul valore aggiunto delle imprese causato del rincaro dei costi energetici, con una maggiore domanda di credito nei settori energy intensive. A settembre 2022 i prestiti alle imprese salgono del 2,2%, con una forte accentuazione nel comparto della fornitura di energia elettrica e gas dove si registra un aumento del 30,8% e si osserva una crescita a doppia cifra (+12,7%) anche per acqua e rifiuti con il comparto di energia e public utilities che complessivamente vede i prestiti aumentare del 25,4%. Per il manifatturiero, comprensivo di estrattivi, la crescita è dell’1,5% con un più marcato dinamismo dei prestiti nei settori più energivori, che nel complesso registrano un aumento del 5,5% – con una accentuazione per gomma e plastica (+11,0%) e raffinazione del petrolio, prodotti chimici e farmaceutici (+6,9%) – mentre i restanti settori manifatturieri segnano una flessione del 3,7%; nel resto dell’economia, i prestiti salgono del 2,5% nei servizi mentre sono in calo del 5,3% nelle costruzioni.