L’esame dei recenti dati relativi al bilancio pubblico diffusi dall’Istat conferma l’elevato livello della pressione fiscale associato ad una bassa crescita dell’economia italiana. Nella media degli ultimi quattro trimestri (quarto trimestre 2018-terzo trimestre 2019) il prelievo fiscale sale dell’1,6% su base annua mentre, nello stesso periodo, il PIL nominale sale dello 0,9%. A seguito di tali andamenti la pressione fiscale si mantiene al 42,1% del PIL, in linea con il trimestre precedente, ma in salita di 0,3 punti rispetto al 41,8% rilevato un anno prima.
In tale contesto l’ultima legge di bilancio ha delineato, come sottolineato da Confartigianato, una prospettiva di politica fiscale insoddisfacente per il mondo delle imprese.
Il confronto internazionale – Nel 2020 il carico fiscale calcolato dalla Commissione europea (tax burden) aggiornato nelle previsioni di autunno pubblicate lo scorso novembre è atteso sul 42,4% del PIL, in crescita di due decimi di punto rispetto al 42,2% del 2019. Il valore è superiore di un punto percentuale rispetto alla media dell’Eurozona, con un tax gap che vale 17,3 miliardi di euro di maggiore prelievo fiscale.
Tra i principali paesi dell’Unione europea il carico fiscale più alto per quest’anno si rileva in Francia dove è pari al 47,1% del PIL, seguita dall’Italia con il 42,4%, dalla Germania con il 41,5% e, a distanza, dalla Spagna con il 36,0%. Nel 2020 il carico fiscale diminuisce di 0,2 punti in Francia, di 0,1 punti in Germania mentre sale di 0,3 punti; nel complesso dell’Eurozona il carico fiscale rimane invariato.
Anche la burocrazia fiscale rimane un fardello pesante per le imprese italiane. Secondo l’ultima rilevazione della Banca Mondiale l’Italia è al 128° posto nel mondo per pagamento delle imposte, con 238 ore necessarie per pagare le tasse di una impresa tipo, il 50% in più delle 159 ore della media Ocse; si tratta del ranking peggiore tra i dieci ambiti esaminati dalla rilevazione Doing business.