La crisi della moda italiana pesa 3,6 volte quella del calcio europeo

Dopo tredici mesi di pandemia il sistema produttivo italiano sta consolidando una reazione, ma nel contempo persistono i segnali di stress di una lunga recessione, come ha evidenziato Confartigianato nel corso dell’audizione sul DEF 2021 e durante l’incontro con il Presidente del Consiglio Mario Draghi e le parti sociali sul Recovery Plan.

Le imprese, a cui mancano all’appello oltre 400 miliardi di ricavi per il 2020, sono ancora strette nella morsa della crisi di liquidità. La moda è il comparto manifatturiero che ha maggiormente sofferto gli effetti della recessione. La caduta dei ricavi nel Tessile Abbigliamento Calzature è del 22% di intensità doppia della media delle imprese, con minori vendite per 17,9 miliardi di euro: la sola moda italiana registra una perdita di ricavi che è 3,6 volte quella stimata per le stagioni 2019/20 e 2020/21 per le squadre di football dei principali campionati europei, interessate dalla ‘guerra del calcio’ scoppiata in questi giorni.

I segnali di ripresa si associano ad un tono congiunturale che nel complesso rimane debole. A febbraio 2021 l’export – al netto dell’energia – segna un aumento dello 0,3% rispetto a gennaio, ma nell’ultimo trimestre ristagnano (-0,2%) rispetto al trimestre precedente; nei primi due mesi del 2021 le vendite all’estero rimangono inferiori del 5,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

A febbraio 2021 la produzione manifatturiera sale dello 0,4% rispetto a gennaio, consolidando una crescita congiunturale dello 0,5% nell’ultimo trimestre; nel complesso dei primi due mesi del 2021 l’attività è dell’1,4% al di sotto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Si consolida la resilienza delle costruzioni, già evidenziata nel 12° report Covid-19 di Confartigianato ‘Prove di ripresa. Terza ondata e prospettive post pandemia per imprese e territori’ . L’analisi dei dati pubblicati oggi dall’Istat evidenzia a febbraio 2021 un aumento dell’1,4% della produzione delle imprese dell’edilizia e dell’installazione di impianti rispetto a gennaio, mentre nel primo bimestre dell’anno l’attività si mantiene sopra dell’1,5% allo stesso periodo del 2020, precedente allo scoppio della pandemia.

Sul fronte dei servizi, le vendite al dettaglio nei primi due mesi del 2021 scendono del 7,7%, con una maggiore accentuazione per il comparto no food (-12,4%). Anche nella distribuzione cali più pesanti per le vendite dei prodotti della moda, con un calo del 26,6% per calzature e articoli in cuoio e del 24,6% per abbigliamento e pellicceria.

Restrizioni alla mobilità e chiusure di attività di produzione e al dettaglio hanno generato enormi spazi di mercato all’e-commerce. Dopo il boom del 34,6% dello scorso anno, le vendite via commercio elettronico consolidano la crescita, salendo del 37,2% nel primo bimestre del 2021.

Quella dell’e-commerce è una sfida colta anche dalle piccole imprese: in reazione all’emergenza sanitaria sono raddoppiate le MPI che vendono in Rete o attraverso il proprio sito di e-commerce, con una diffusa maggiore accentuazione nel Mezzogiorno.