La crisi pandemica e i conseguenti interventi restrittivi per il distanziamento sociale hanno determinato effetti pesanti sulla spesa delle famiglie, con ricadute molto gravi sul settore del benessere. Nel settore dell’acconciatura ed estetica, secondo i più recenti dati sulla struttura imprenditoriale italiana, operano 149 mila imprese che danno lavoro a 263 mila addetti. Alta la vocazione artigiana, con oltre 129 mila imprese artigiane del benessere, pari all’86,5%. Sulla base delle indicazioni emerse dalla survey dell’11° report Covid-19 di Confartigianato, nel 2020 il comparto del benessere registra una perdita di ricavi per 2.104 milioni di euro, pari al 33,6% in meno.
La concorrenza sleale dell’abusivismo, ampliata a seguito dei lockdown e la chiusura delle attività del benessere nelle aree a maggiore rischio, determina gravi effetti negativi sulle imprese regolari del settore. Sulla base dei dati dell’Istat, si stima nei servizi alla persona un tasso di lavoro indipendente irregolare del 27,8%, per cui la chiusura di acconciatori e centri di estetica nelle aree rosse apre spazi di domanda per un’offerta irregolare caratterizzata da un esercito potenziale di abusivi composto, sull’intero territorio nazionale, da 42 mila soggetti. Il lavoro indipendente irregolare del comparto è maggiormente diffuso nel Mezzogiorno dove la quota di lavoratori irregolari sale al 31,2%.
Dal 6 marzo 2021 a inizio aprile, nelle regioni in area rossa la chiusura delle attività regolari ha reso contendibile all’abusivismo il 57,2% dei ricavi del settore del benessere generati nel periodo sull’intero territorio nazionale.
L’abusivismo genera un ingente danno economico e sociale. L’attività degli indipendenti irregolari compromette la qualità e la sicurezza dei trattamenti – le imprese regolari si attengono ai protocolli Covid-19 per distanziamento e sanificazione -, determina una evasione totale di imposte dirette, indirette e contributi sociali, oltre ad esercitare una pressione competitiva sleale sulle imprese regolari che penalizza la propensione agli investimenti e la domanda di lavoro.
L’analisi dell’ultima Nota Covid-19 pubblicata dalla Banca d’Italia – e in cui sono riportati i risultati della terza edizione dell’Indagine Straordinaria sulle Famiglie italiane (ISF) – evidenzia che la spesa effettuata in novembre per servizi di cura della persona è inferiore al periodo precedente la pandemia per circa due famiglie su tre (67%), il 37% ho smesso di ricorrere a questa tipologia di servizi o l’ho fatta molto meno spesso. Il report evidenzia che la riduzione dei consumi interessa maggiormente i nuclei familiari residenti in regioni in zona rossa e arancione.
Ecco i dati delle imprese del comparto nell’Appendice statistica ‘Imprese e artigianato del benessere per regione e provincia’ predisposta in collaborazione con l’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia.