Per i datori di lavoro che presentano domanda di accesso alle ulteriori settimane di trattamento di integrazione salariale Covid vige il divieto di licenziamento: lo prevede il Decreto Fiscale – D.l n. 146 del 21 ottobre 2021- all’articolo 11.
Ricordiamo che il Decreto Fiscale ha prevsto la concessione di ulteriori periodi di trattamento per eventi riconducibili all’emergenza Covid-19, da utilizzarsi dal 1° ottobre al 31 dicembre 2021:
- di assegno ordinario e cassa integrazione in deroga per una durata massima di tredici settimane e
- di CIGO per aziende del settore dell’industria tessile e della conciatura – individuati nella classificazione ATECO con i codici 13, 14 e 15 – per una durata di nove settimane.
Il quadro normativo
Il divieto di licenziamento non è indistintamente previsto per tutte le aziende rientranti nel campo di applicazione dei trattamenti, restando valido esclusivamente per tutta la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale.
In particolare, per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021, i datori di lavoro non possono:
- avviare la procedura di licenziamento collettivo, di cui agli artt. 4, 5 e 24 della Delle n. 223/1991, che riguarda le aziende che occupano più di 15 dipendenti nella medesima unità produttiva;
- recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, che vige indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati.
Questi divieti riguardano, per espressa previsione del Decreto Fiscale, i soli datori di lavoro che fruiscono effettivamente dei trattamenti di integrazione salariale (assegno ordinario, cassa integrazione in deroga e CIGO per aziende del settore dell’industria tessile e della conciatura). Come anticipato, il divieto perdura comunque “per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale”.
Pertanto i datori di lavoro che non hanno più necessità di ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale, dal 1° novembre 2021 non sono più soggette al divieto di licenziamento.Le eccezioni
In conformità a quanto disposto dalle precedenti norme emergenziali, vi sono eccezioni al divieto che permettono al datore di lavoro di procedere con licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.
In particolare, il divieto non trova applicazione nelle seguenti ipotesi:
- licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art 2112 cod. civ.;
- accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (è sufficiente la firma di anche una sola sigla, cfr. INPS, messaggio n. 689/2021) limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è, comunque, riconosciuta la NASpI;
- licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione.