STUDI – Spread con Ue per il tempo necessario agli adempimenti fiscali costa 2,1 miliardi di euro in più alle imprese italiane

Secondo le previsioni della Commissione europea pubblicate la scorsa settimana, l’Italia registrerà i più pesanti effetti della crisi Covid-19, con il PIL del 2021 che sarà del 5,8% inferiore rispetto al 2019, rimanendo al di sotto di quasi dieci punti rispetto al livello del 2007. In parallelo alla stagnazione dell’economia, l’Italia mostra una spesa pubblica poco efficace, che non genera le adeguate condizioni per favorire l’attività di impresa e l’aumento della produttività. Nel 2019 la spesa pubblica primaria in Italia è pari al 45,3% del PIL, in linea con il 45,5% dell’Eurozona e superiore al 44,6% della Germania e al 39,6% della Spagna. Secondo la classificazione per funzioni, la spesa per i servizi generali delle pubbliche amministrazioni, al netto della spesa per interessi sul debito pubblico, in Italia vale 4 punti di PIL, in linea con la media dell’Eurozona (4,1%). Non spendiamo meno degli altri Paesi europei, dunque, ma realizziamo servizi meno efficaci: solo il 30% dei cittadini italiani giudica buona l’offerta di servizi pubblici, a fronte del 51% della media dell’Unione europea; per grado di soddisfazione delle prestazioni della Pa l’Italia è al penultimo posto in Ue, davanti alla Grecia.

Sul delicato fronte del fisco le imprese italiane operano in condizioni complesse, che ne comprimono la competitività: ad un elevato carico fiscale – pari al 42,6% del PIL, superiore di punto al 41,6% della media dell’Eurozona – si associa una più complessa burocrazia fiscale, per la quale l’Italia si colloca al 128° posto nel mondo.  L’Italia è al 23° posto tra i paesi dell’Unione europea per tempi necessari a pagare le imposte: ad una impresa italiana servono 238 ore all’anno per i propri adempimenti fiscali, il 31,2% in più rispetto alle 182 ore della media dei paesi dell’Unione europea. Lo spread burocratico-fiscale di 56 ore in più rispetto alla media europea per pagare le imposte genera, nell’ipotesi di applicarlo alla platea di 1 milione 560 mila aziende con dipendenti, un maggiore costo di 2,1 miliardi di euro che riduce la capacità competitiva delle imprese italiane.

Nell’era della quarta rivoluzione industriale, il miglioramento dell’offerta dei servizi pubblici passa per una maggiore digitalizzazione, sulla quale l’Italia è in ritardo: la quota di cittadini italiani che interagiscono con la Pubblica amministrazione spedendo moduli compilati on line è pari al 14,1%, meno della metà del 37,6% della media dei paesi dell’Unione europea. Innovazione e digitalizzazione nei servizi pubblici non sono favoriti dall’anzianità dei dipendenti pubblici: in Italia i dipendenti della Pubblica amministrazione con 55 anni ed oltre sono il 34,9% del totale, oltre dieci punti superiore alla media Ue (24%): si tratta della quota più elevata tra tutti i paesi dell’Unione. L’efficientamento della spesa pubblica non è conseguibile con interventi estemporanei, in un’ottica di breve periodo; è necessaria l’apertura diffusa di cantieri di riforma, lungo un orizzonte temporale pluriennale, abbinata ad un incremento degli investimenti, soprattutto in tecnologie digitali: in dieci anni in Italia la spesa per investimenti per la gestione dei servizi pubblici si è ridotta del 20%.

SODDISFAZIONE PER SERVIZI PUBBLICI NEI PAESI UE

Novembre 2019, % cittadini che giudicano positivamente i servizi pubblici – Elaborazioni Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea

TEMPO NECESSARIO PER ADEMPIMENTI FISCALI DI UNA IMPRESA NEI PAESI UE

2020, ore all’anno – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Banca Mondiale